Il progetto OpenMaker è partito da Firenze con l’Open Talk di Indy Johar a cui hanno assistito i responsabili del progetto provenienti da Italia, Inghilterra, Slovacchia e Spagna e referenti del mondo Maker toscano tra cui fondatori di FabLab e startup attive nell’ambito della manifattura 4.0.

Chi è Indy Johar

Indy Johar è architetto, co-fondatore di OO (project00.cc), Senior Innovation Associate alla Young Foundation e Professore Associato all’Università di Sheffield. Con 00 ha co-fondato i coworking Impact Hub Westminster e Impact Hub Birmingham e l’acceleratore HubLaunchpad. In più ha condotto numerose sperimentazioni di Economia Collaborativa Sistemica tra cui WikiHouse e OpenDesk. Tutte le sue attività puntano a trasformare le minacce del tempo in risorse per vincere alcune sfide sociali del secolo tra cui povertà e disoccupazione.  Tanti gli interventi in Università e Fondazioni di tutto il mondo e le pubblicazioni sul futuro del design, i cambiamenti sistemici e gli investimenti sociali. Tra queste, segnaliamo l’articolo “Democratic Making: Manifesting Inclusive Growth and Radical Contribution” (qui la versione originale) tradotto da Alessandra Zagli, Community Manager del progetto OpenMaker per Medium (qui la versione completa) che sintetizziamo in seguito all’incontro tenuto a Firenze per lanciare il progetto Open Maker.

 

Making Democratically – Produzione Democratica

La “rivoluzione dei maker” è guidata dalla trasformazione delle capacità tecnologiche e dalle aspirazioni “fai da te” della generazione di YouTube, che ha portato alla rapida evoluzione della stampa 3D e della micro-produzione distribuita e accessibile di mobili, case e, persino, di pistole. Se il XX secolo ha portato alla democratizzazione dei consumi, il XXI secolo potrebbe concentrarsi su una nuova democrazia della produzione.

Laddove l’industriale del XIX secolo sognava produzioni di massa, consumo di massa ed efficienza di mercato, la nascita della figura del Maker sancisce una ribellione contro questa modalità di produzione. Come YouTube ha democratizzato il mondo dei media, così la rivoluzione dei maker permette alle persone di produrre oggetti, attraverso una serie di attività sperimentali e divertenti, che trascendono le nozioni tradizionali di “consumo” e di “produzione”. Si tratta di un futuro che ha la capacità di portarci in un mondo dove la customizzazione e il fare artigianale sono condizioni di base; dove i prodotti non sono solo uno tra migliaia, ma migliaia di esemplari unici; dove l’innovazione è aperta e flessibile, guidata da chi smanetta e dal contesto, non da un laboratorio di ricerca e sviluppo aziendale centralizzato.

Nella nuova “economia del fare”, la produzione localizzata rende obsolete le catene di approvvigionamento che provocano tanti danni ambientali e sociali in tutto il mondo. Dall’omogeneizzazione del prodotto potrebbe riemergere un paesaggio variegato, a seconda del contesto, di luoghi dove si fabbricano, si riparano, si modificano e si riutilizzano gli oggetti. Ma l’attuale rinascita dei maker va oltre la trasformazione dei singoli comportamenti di consumo e dei mercati per portare a una rivoluzione sistemica: piccola, ma allo stesso tempo connessa a livello globale, micro ma imponente.

Organizzazioni come Wiki House, OpenDesk, Arduino RepRap e Open Source Ecology utilizzano metodi, pratiche e forme organizzative radicalmente nuove per sviluppare una nuova generazione di processi, prodotti e servizi sostenibili e innovativi, condividendo l’impegno verso i principi dell’open-source, la partecipazione democratica e la trasparenza e continuando a promuovere la cooperazione e la collaborazione ad una scala, portata e velocità inimmaginabili. Si passa gradualmente dalla logica aziendale di cluster chiuso verso un’innovazione sempre più condivisa e democratizzata tramite network aperti di aziende e hub. E forse segna la transizione verso una democrazia della produzione e dell’innovazione, con le capacità di realizzare una crescita inclusiva secondo un nuovo modello, non più basato sulla redistribuzione ma sull’offerta diffusa.

La sfida della produzione democratica

La vera sfida è re-immaginare la nostra architettura istituzionale per permettere a questa visione basata sulle tecnologie emergenti di realizzarsi. Come avvenne in epoca vittoriana nel Regno Unito con le British Standards Institution e nel Rinascimento Italiano col concetto di proprietà intellettuale e brevetto, oggi dobbiamo modificare le regole del gioco per adeguarle alla realtà attuale. Siamo sulla soglia di molteplici futuri: avverrà per il movimento Maker quello che è avvenuto anni fa con la sharing economy, che ha innescato comportamenti speculativi, accentrando il rischio e l’innovazione (vedi Airbnb e Uber)? Oppure sarà possibile costruire un’architettura più equa e democratica, che sfrutti le nuove possibilità di democratizzazione e distribuzione di intenzioni, produzioni e innovazioni per portare avanti un sistema economico inclusivo e una “società a costo marginale zero” annunciata dal teorico economista americano Jeremy Rifkin?

Perchè ciò avvenga è necessario reinventare l’infrastruttura istituzionale della società dalla legislazione all’amministrazione, dalla governance agli investimenti non solo per ridurre la burocrazia, ma per rimuovere le certificazioni chiuse accogliendo lo sviluppo di meccanismi sociali basati sulla blockchain *, da usare come un registro completamente aperto e distribuito per verificare proprietà, previdenza o merito creditizio. Occorre re-immaginare i diritti di consumatori e produttori e gli effetti di catene di valore decentrate e aperte; il concetto di convenienza, assicurazione e garanzia per distribuire in tempo reale design, produzione e assemblaggio; creare nuovi standard e protocolli adattabili e parametrici per l’interoperabilità dinamica in tempo reale tra strumenti, macchine, piattaforme e software di progettazione; ri-concepire un management concentrato non più su controllo ed efficienza centralizzata ma su intelligenza, innovazione e interoperabilità del sistema in cui opera, non solo dell’azienda che gestisce. Occorre riconoscere che la creazione di valore è il prodotto dell’innovazione tra diversi sistemi, generata in maniera collaborativa e non centralizzata, non il frutto di un singolo eroe o di un artista. Ecco alcune delle sfide da affrontare per cogliere la grande opportunità che ci è offerta: il potere di creare una nuova società davvero democratica.

Blockchain * si può definire il libro mastro decentralizzato e crittograficamente sicuro di transazioni, una tecnologia che permette di scambiare su internet non solo informazioni ma, per la prima volta, anche proprietà. Si tratta della tecnologia alla base di Bitcoin, rete peer-to-peer che consente di pagare beni e servizi senza fare uso di valuta a corso legale e senza l’autorizzazione di un ente centrale (governo, banche).