Cos’è il Movimento Maker
Il movimento dei maker unisce persone di diversa formazione che sono interessate ad apprendere capacità tecniche e la loro applicazione creativa con lo scopo di fabbricare oggetti e inventare soluzioni innovative. Si tratta di un fenomeno culturale diffusosi negli ultimi anni, per una naturale evoluzione del fai-da-te verso una dimensione sociale facilitata da Internet, in cui la sperimentazione e la risoluzione di problemi non sono più un fatto personale ma si inseriscono in una o più comunità collaborative grazie alla diffusione spontanea di progetti e di tecnologie aperte come Arduino, la stampa 3D e di spazi che favoriscono la condivisione come i FabLab.
La consacrazione del Movimento Maker prima negli USA e, a seguire, in Italia è stata sancita dalle copertine della rivista Wired con Limor Fried di Adafruit edizione USA (aprile 2011) e con Massimo Banzi di Arduino edizione italiana (novembre 2012).
Definizioni di Maker
Secondo lo scrittore Cory Doctorow, autore del romanzo “Makers”,s ono “people who hack hardware, business-models, and living arrangements to discover ways of staying alive and happy even when the economy is falling down.”
Mentre Chris Anderson, imprenditore e direttore di Wired edizione USA dal 2001 al 2012 e autore di “Makers. The New Industrial Revolution, pensa che “the Maker Movement as the web generation meets the real world.”
Dale Dougherty, direttore della rivista “Make” e pilastro del movimento Maker, sintetizza in questo modo: “Makers want to hack this world the same way we used to hack computers.”
Il Movimento Maker in Italia
Nel 2012 a Roma, si svolge all’interno del WorldWideRome l’evento intitolato Makers! che porta per la prima volta sul palcoscenico le storie di chi in Italia stava muovendo i suoi passi in questo terreno ancora sconosciuto al grande pubblico; tra gli ospiti Dale Daugherty e Chris Anderson. Il WorldWideRome segnò il momento della consapevolezza e tracciò una direzione. Nacquero i primi FabLab in Italia e le prime imprese legate alla digital fabrication e i media cominciarono a trattare questi temi.
Nel 2013 si tenne a Roma la prima edizione della MakerFaire Europe con l’inaspettato successo di 35mila visitatori, che aumentano sempre più nelle successive edizioni (90.000 visitatori nel 2014 e 50 FabLab attivi in Italia).
Nel 2014 nasce l’associazione Make in Italy e, dall’impegno di Massimo Banzi, Riccardo Luna e Carlo De Benedetti, l’omonima Fondazione (questo articolo di Riccardo Luna del 2015 ne spiega storia e prospettive) con la missione di contribuire alla nascita di un nuovo “made in Italy”, ovvero di un sistema manifatturiero che sappia far proprie non solo le nuove tecnologie digitali, ma anche, più in generale, la cultura che il digitale apporta.
Il futuro dei Maker in Italia
In questo articolo pubblicato nel 2015 su Linkiesta, Massimo Banzi spiega l’evoluzione della Maker Faire Europe da riunione di geek e smanettoni amatoriali a centro di piccole e medie imprese e colossi high-tech. Banzi, il padre di Arduino, considera il mondo dei Maker estremamente compatibile col tessuto imprenditoriale italiano, fatto da persone che si sono inventate una cosa da zero costruendoci attorno un’azienda. Ricorda, inoltre, che l’Italia è la seconda o la terza al mondo per numero di FabLab, dopo gli Stati Uniti insieme alla Francia, dove però molti sono finanziati dallo Stato, mentre in Italia nascono da pochi appassionati che creano da soli una comunità a livello locale.
Quest’indagine sull’impatto della fabbricazione digitale sull’economia realizzata dalla Fondazione Make in Italy dimostra che le piccole imprese che adottano la fabbricazione digitale hanno il potenziale di aggiungere nel breve periodo più di 39mila posti di lavoro e la capacità di crescere in maniera molto più rapida delle altre perchè iniziano ad esportare sfruttando le tecnologie, la robotica e la fabbricazione digitale.
E il futuro? Milano sta già investendo per diventare una città su misura dei Maker. In questo articolo del 2017 di Wired Italia si parla del progetto “Manifattura Milano” varato dal Comune che intende offrire i propri spazi abbandonati a startup innovative per i loro programmi di Industria 4.0. Quest’anno l’Università di Udine ha strutturato il corso di laurea triennale in “Internet of Things, big data e web” per formare gli specialisti del futuro dell’industria 4.0. Futuro che OpenMaker sta iniziando ad esplorare e analizzare, ponendosi come osservatorio privilegiato e motore trainante della collaborazione tra Maker sperimentatori e Industria tradizionale in vista della Call-for-Ideas del 18 settembre.