Leonardo Zampi è tra i coordinatori dell’associazione FabLab Firenze, la cui sede è in Impact Hub Firenze (qui l’intervista), che avvicina appassionati e professionisti, smanettoni e designer, aziende e studenti al mondo del Making. Entrare in FabLab con un’idea e uscire con un prototipo grazie alla collaborazione dei soci è comune a Firenze e in tutto il mondo. Leonardo collabora al progetto OpenMaker sin dall’inizio e ci racconta cosa sono i FabLab.

Cosa sono i FabLab e qual è la loro missione?

I FabLab sono officine condivise, laboratori aperti al pubblico che mettono a disposizione degli iscritti macchine a controllo numerico  (stampanti 3D, lasercut, frese CNC), micro-controllori (soprattutto Arduino e Raspberry Pi) e attrezzi più tradizionali (pinze, cacciaviti, seghe) per realizzare i più svariati progetti. La loro missione è in primis quella di far scoprire al grande pubblico queste tecnologie, e in secundis creare comunità di persone in grado di utilizzarle, e disposte a scambiarsi conoscenza e  a collaborare per realizzare i più svariati progetti. Con quest’ultimo termine si intende, il più delle volte, dispositivi elettronici anche complessi, ottenuti utilizzando i suddetti micro-controllori, la stampa 3D e hardware e software libero.

Sono ambienti che attraggono diverse categorie di persone. Gli “smanettoni” tradizionali, che magari già conoscono alcune delle suddette tecnologie e desiderano approfondire e cercare ambienti  stimolanti; persone comuni, che, magari per ragioni professionali, hanno bisogno di imparare ad usare una certa macchina o un determinato programma; aspiranti imprenditori che hanno necessità di realizzare un prototipo spendendo poco; appassionati di tecnologia libera, che desiderano dare una mano perché, semplicemente, credono nella causa.

Quali spazi di collaborazione vedi tra Maker e Imprese?

Vedo ampi spazi di collaborazione in tanti ambiti diversi. Le tecnologie che usano i Maker possono abbattere tempi e costi della prototipazione (in effetti l’espressione “stampa 3D” è un termine “marketing-friendly” per indicare una tecnologia il cui nome “scientifico” è prototipazione rapida). Mentre le imprese possono trovare nel mondo dei Maker dei luoghi di formazione di alto livello a costi contenuti, fattore fondamentale per sopravvivere nel mercato al giorno d’oggi.

Il contributo può e deve essere reciproco: un’impresa può decidere di aiutare un FabLab (o un Makerspace) in vari modi (donando o anche solo prestando una macchina) per ricevere un ritorno d’immagine. Ma se volesse addirittura abbracciare un modello di business Open Source, le possibilità si moltiplicherebbero a dismisura …

Quale contributo può dare un FabLab alla community Open Maker?

I FabLab possono fornire quel know how (la conoscenza tecnica) che alle imprese artigiane tradizionali manca in fatto di fabbricazione digitale. Concretamente ciò significa insegnare all’artigiano “tradizionale” ad utilizzare una stampante 3D, o una tagliatrice laser o una fresa a controllo numerico per creare prodotti che non riuscirebbe a sfornare in modo tradizionale (o almeno non alla stessa velocità e precisione). Peraltro, il boom delle macchine a controllo numerico, unitamente alla diffusione della filosofia Open Source (e in particolare all’Open Design) sta aprendo scenari quasi rivoluzionari nel mondo dell’artigianato. Esistono imprese che producono (stampandoli in 3D) dei connettori, cioè dispositivi che raccordano pezzi in legno (o altro materiale) che formano oggetti anche complessi (tavoli, librerie). Il beneficio in termini ambientali è enorme: questi oggetti si possono facilmente smontare, sostituire, modificare e ri-utilizzare.

E l’aspetto rivoluzionario, in tutto ciò, consiste nel diverso approccio riguardo al tema della proprietà intellettuale: non più un mondo in cui ognuno brevetta e piazza copyright su tutto, ma uno scenario di “coo-petizione” globale, in cui si possano creare e mantenere “beni comuni digitali”. In concreto, ciò significa avere dei siti web da cui l’artigiano digitale possa scaricare gratuitamente (ma anche modificare, ri-condividere con tutti) modelli 3D, disegni da tagliare al laser etc., che utilizzerà poi per vendere ai propri clienti.

Comunemente si pensa che tutto ciò sia un’utopia, eppure questo modello di business è sempre esistito, e l’abbiamo sotto gli occhi quotidianamente: è la gastronomia. La ricetta della pizza è di pubblico dominio, ma ciò non impedisce alle pizzerie di fare affari. Anzi: oltre ad esistere le pizzerie, esistono le aziende che vendono basi di pizza surgelata, per non parlare del fatto che l’utente è libero di comprarsi ogni singolo dannato ingrediente e farsi tutto a casa da solo.

L’umanità ha continuato per secoli a secretare le idee e a scambiarsi prodotti finiti. E’ ora di cominciare a fare l’inverso, principalmente perché le idee non hanno bisogno degli aerei e delle navi per viaggiare.

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